I ghiacci immani e i fiumi che scendono pieni, rapidi e gagliardi, come li descriveva il Carducci nella sua ode al Piemonte, sembrano essere acqua passata, in tutti i sensi. Oggi dovremmo aggiornare la lirica con ghiacci sparuti e fiumi sommessi.
L’acqua, in Piemonte, non è mai stata considerata un fattore limitante la produzione agricola e nessuno si è mai posto il problema di doverla utilizzare con raziocinio. L’evoluzione climatica a cui stiamo assistendo in questi ultimi anni ci rende consapevoli che, anche in Piemonte, l’acqua sta diventando sempre più un bene da rispettare.
L’acqua è un bene vitale; definirlo prezioso ne derubricherebbe l’importanza; tutti i processi produttivi che ne consumano, direttamente o indirettamente, sono chiamati a rivedere il proprio percorso per cercare di ottimizzarne l’uso.
A essere precisi, parlare di consumo di acqua, soprattutto in agricoltura, non è corretto. L’acqua utilizzata per irrigare i campi non si consuma, ma piuttosto cambia di stato: da liquido passa a vapore con la traspirazione fogliare e con la risalita capillare dal terreno. Quella che rimane nella pianta, se questa è consumata tal quale, è acqua di bevanda risparmiata, e se questa viene essiccata, come nel caso del fieno, torna in atmosfera sotto forma di vapore.
Al di là di queste considerazioni, l’agricoltura è attualmente sotto processo per la quantità di acqua che dirotta sulle sue produzioni, in particolare sulla zootecnia: da più parti si legge che per produrre un chilogrammo di carne bovina, tenendo conto dell’intero processo produttivo, che parte dalla coltivazione dei foraggi e termina al macello, occorrono 15.000 litri di acqua,
A questo proposito il progetto “Carni Sostenibili”, nato nel 2012 per volontà delle tre principali associazioni che rappresentano le filiere zootecniche italiane, ha finanziato uno studio a livello universitario dedicato a quantificare con maggior precisione questo dato, calandolo nella realtà nazionale, e a chiarire l’origine dell’acqua utilizzata nel processo di produzione.
Emerge, da questo studio, che l’acqua utilizzata per ottenere un chilogrammo di carne bovina, in Italia, è stimata in 11.500 litri. Non è certo un dato che assolva a formula piena, perché il fatto sussiste ugualmente, ma viene fuori un quadro ben diverso da quello che l’impianto accusatorio sta sottoponendo al giudizio dell’opinione pubblica: occorre infatti tenere conto dell’origine di quell’acqua. Lo stesso studio chiarisce che ben l’87% dell’acqua in questione è derivata dalle precipitazioni, il cui utilizzo non può essere visto come un consumo a scapito di altre attività: piove sui prati come piove sui tetti delle fabbriche, con la differenza che i prati la trattengono per farne foraggio mentre le fabbriche la incanalano nella rete fognaria.
Con questo non si vuole dire che l’allevamento della Piemontese sia insensibile al problema del risparmio idrico anche perché, se l’evoluzione del clima continuerà con la tendenza degli ultimi anni, si dovrà fare di necessità virtù. Già oggi, nella coltivazione del mais, vi sono aziende che stanno adottando l’irrigazione a goccia, che localizza la giusta quantità di acqua ai piedi delle piante, con un’efficienza quasi assoluta, ma la risorsa che rende sostenibile l’allevamento del Fassone è la grande dotazione di terreno. Si possono ridurre le colture con maggiori esigenze idriche a favore di quelle che, sviluppandosi nei mesi freddi, non necessitano di interventi irrigui (come l’orzo) o altre che, pur crescendo in estate, superano la siccità e giungono a maturazione assicurando comunque un raccolto, seppur ridotto (come il sorgo). Tutto questo, compensando l’eventuale minore produttività estendendo le superfici foraggere a scapito di quelle che oggi sono utilizzate per produzioni non finalizzate all’allevamento.
Se arriveremo a contenderci l’acqua sul Pianeta gli allevatori faranno la loro parte ma un esame delle priorità sarebbe auspicabile. Le stesse fonti che quantificano in 15.000 litri l’acqua necessaria a ottenere un chilogrammo di carne, riferiscono che per ottenere un chilogrammo di caffè ne occorrono 18.900. Se ne deduce che con 15.000 litri si possono fare 790 grammi di caffè, e, sapendo che per fare un espresso ne occorrono 7 grammi, si conclude che si fanno circa 100 tazzine.
In un’ipotetica, fantascientifica e malaugurata situazione in cui ci trovassimo con solo più 15.000 litri di acqua, starebbe a noi scegliere se nutrirci con un chilogrammo di carne o innervosirci con 100 tazzine di caffè.
Coalvi – Consorzio di tutela della Razza Piemontese
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