CO2: non è tutta uguale

Pubblicato il %s

Forse fino a qualche anno fa la CO2 veniva citata così raramente da potersi concedere il tempo di chiamarla col suo nome per esteso: anidride carbonica o, più raramente, biossido di carbonio. Oggi sarebbe impensabile rinunciare a usare la sua formula chimica, ben più scorrevole e veloce da pronunciare e da scrivere, vista la frequenza con cui viene chiamata in causa.

Si legge da più parti che la quantità di questo gas in atmosfera è aumentata del 50% rispetto a quella che era presente in epoca antecedente la rivoluzione industriale.

Il fatto che si ponga come riferimento storico l’epoca pre-industriale dovrebbe suggerire che l’aumento che si è verificato negli anni successivi sia la conseguenza dello sviluppo dell’attività manifatturiera e di tutto ciò che ne è derivato. Il suggerimento è corretto e difficilmente confutabile, eppure si continua ad additare la zootecnia come un male da eradicare.

Non si può negare che le fermentazioni enteriche tipiche del ruminante portino alla fuoriuscita di gas a effetto climalterante, tra cui anidride carbonica e metano, così come non si può negare che le relative deiezioni siano soggette anch’esse a fermentazione e, ad aggravare il quadro, sviluppino anche protossido di azoto che anch’esso ha il suo effetto climatico.

Quando si parla di CO2 emessa in atmosfera, e dei relativi responsabili, bisogna però tenere conto dell’origine del carbonio da cui questa deriva.

Proviamo a immaginare che le vacche abbiano un tubo di scappamento e mettiamole a confronto con le automobili. Dai tubi di entrambe esce CO2, ma il carbonio in ingresso, che è l’elemento da cui si origina l’anidride, è ben diverso.

Il carbonio che entra nella bocca degli animali è quello contenuto nei foraggi di cui si cibano, ed è il risultato della fotosintesi clorofilliana grazie alla quale i vegetali assorbono la CO2 atmosferica e, combinandola con altri elementi assorbiti dal terreno, costruiscono i loro tessuti. Si tratta dunque di una CO2 che esce dagli animali ma indirettamente vi ritorna nel giro di una stagione agraria, all’insegna di un virtuosissimo regime di economia circolare.

La differenza sostanziale rispetto all’automobile sta nel fatto che quest’ultima utilizza carbonio fossile emettendo una CO2 che è stata assorbita da vegetali cresciuti su questo pianeta alcuni milioni di anni fa e per poterla riconvertire in idrocarburo e chiudere il ciclo ci vorranno altrettanti milioni di anni. Nel frattempo si mette in lista di attesa e affolla la cappa che sovrasta la Terra.

Tutti i processi produttivi sono migliorabili e la zootecnia non è da meno, anche se esistono già delle filiere particolarmente virtuose, ma se si vuole frenare l’escalation dei gas climalteranti non è certo la prima su cui mettere le mani.

 

Coalvi – Consorzio di tutela della Razza Piemontese
© Tutti i diritti sono riservati all’autore