Ci sono cose che diamo per scontate: sono di uso quotidiano, ne abbiamo senza limiti, costano poco o nulla ma ci rendiamo conto della loro importanza solo nel momento in cui rimaniamo senza.
Per chi può contare su un rubinetto da cui sgorga acqua per lavarsi la faccia ogni mattina e la sera riempire una pentola per cuocervi la pasta sembra impensabile che quell’acqua, un brutto giorno, potrebbe non uscire più. Forse è esagerato pensare che non ce ne sia più, ma non è così remota l’ipotesi che se ne debba fare un uso oculato, disponendone a fasce orarie, costretti a riempire al mattino la pentola che servirà per la sera.
Per chi ha vissuto in quelle cascine in cui si attingeva l’acqua da un pozzo di misera portata l’abitudine di usarla con parsimonia era ben radicata. Ancora in tempi relativamente recenti le nostre nonne, pur vivendo in case ormai servite dall’acquedotto, vedevano la lavatrice come una macchina da usare quando non se ne poteva fare a meno, perché era comoda, senz’altro, ma consumava tanta acqua.
Dopo sei mesi senza pioggia, con un’estate annunciatasi a temperature da guinness, il Piemonte chiede pietà. Chi vive in città forse non è così consapevole del problema finchè avrà l’acqua per lavarsi e per bere e, vero abominio in un momento di crisi idrica, pure quella per lavare l’automobile. Chi esce dalla città per la gita fuori porta accoglie anche con piacere il fatto di poter lasciare a casa l’ombrello, ma chi vive in campagna e, soprattutto, vive di ciò che la campagna produce, non solo è consapevole del problema ma rischia di caderne vittima incolpevole e indifesa. E qui c’è spazio per riflettere su un argomento che negli ultimi anni ha esposto la zootecnia a qualche critica: il consumo di acqua.
Che per produrre carne sia necessaria l’acqua è innegabile, non tanto per quella bevuta dagli animali quanto per quella assorbita dalla colture cerealicole e foraggere alla base della loro alimentazione. E dunque se non allevassimo più i bovini avremmo più acqua disponibile? La risposta è sempre la stessa: dipende. Dipende da cosa saremmo disposti a mangiare in sostituzione della carne o del latte. Il nostro fabbisogno giornaliero di amminoacidi essenziali può essere colmato con il consumo di 130 grammi di carne bovina. Se volessimo raggiungere lo stesso obiettivo con il riso che, tra i cereali è quello che vanta il profilo amminoacidico più nobile, ne occorrerebbe più del triplo. Considerando che per produrre 1 kg di riso occorre la metà (e non un terzo) dell’acqua che serve a produrre 1 kg di carne, non avremmo risolto nulla e, anzi, avremmo peggiorato le cose. Stesso, e ancor più deludente, risultato se volessimo sostituirla con la soia, dove ne servirebbero 2,5 kg per arrivare al pareggio e, ovviamente, per fare quel quantitativo occorrerebbe molta più acqua che per fare i già citati 130 grammi di carne. Sono due esempi estremi e non percorribili perché 4 etti di riso sono tantini e nessuno si metterebbe a mangiare 2 chili e mezzo di soia, ma ci fanno capire che surrogando i prodotti di origine animale con una combinazione, pur ben ragionata, di prodotti vegetali, il risparmio di acqua rimarrebbe molto relativo, se non nullo. Senza contare le ricadute in termini ambientali e paesaggistici che l’assenza della zootecnia porterebbe con sé; ma questa è un’altra storia.
Estremizzando e sfociando nell’assurdo, se le colture destinate agli animali d’allevamento venissero sospese e non sostituite con altre, lo spazio verrebbe occupato da vegetazione spontanea incontrollata, incappando in altri problemi.
In definitiva, la crisi idrica non è determinata da chi utilizza l’acqua e non si può additare chi ne consuma di più fintanto che lo scopo rimane quello di produrre cibo. Forse sarebbe ora di fidarsi un po’ meno di ciò che piove dal cielo e imparare a gestire le eccedenze per sfruttarle nei momenti di carenza. Sarebbe anche ora di razionalizzare le tecniche di irrigazione, e qui stiamo già facendo qualcosa tant’è che la distribuzione a goccia sta approdando anche nei campi di mais, dove fino a ieri era inconcepibile. Si potrà anche orientare la ricerca scientifica verso soluzioni che permettano di utilizzare in maggior misura i cereali vernini, così come si potranno cambiare gli obiettivi di selezione del mais per arrivare a produzioni soddisfacenti anche in coltura asciutta, e tante altre cose ancora saranno possibili. Ma prima di tagliare l’acqua all’agricoltura, proviamo a rinunciare a qualche fiore nelle aiuole cittadine, irrigate con l’acqua potabile, e, nei giardini privati, proviamo a interrompere quella spirale che ci vede bagnare il prato tutte le notti per poi doverlo tosare tutte le settimane. E, in ultimo, una volta che la macchina avrà avuto i vetri puliti, proviamo a sopportare che la carrozzeria rimanga sporca.