Le proteine rappresentano un tassello importante di cui è costituito il nostro organismo: da qui la necessità di assumerne in quantità maggiori nell’età dello sviluppo, quando si devono costruire ex novo i tessuti, attestandosi poi, in età adulta, su una dose di mantenimento per compensarne il fisiologico consumo.
Oltre che nell’età dello sviluppo, l’organismo necessita di un apporto elevato quando sia sottoposto a un’intensa attività fisica con conseguente consumo della massa muscolare. È quello che si verifica negli sportivi, intendendo come tali quelli che praticano lo sport, non quelli che lo guardano praticare. Per i primi è giustificata un’alimentazione che faccia fronte a un elevato consumo di proteina, per i secondi è sufficiente compensare quella bruciata per cambiare posizione sul divano.
Chi lo segue da spettatore trova nello sport i suoi idoli da imitare nel modo di vestire, nel modo di parlare (non sempre esemplare) e, complice la sponsorizzazione di alcuni prodotti alimentari, anche nel modo in cui nutrirsi. È qui che i concentrati proteici, utili all’agonista, entrano nei canoni gastronomici dello spettatore, soddisfacendo i soli fabbisogni di chi li vende.
Un ciclista impegnato in una tappa del Giro d’Italia trova nella barretta proteica la soluzione più pratica per rifocillarsi nel momento di massimo sforzo fisico, ma nella vita quotidiana, quando ha tempo di sedersi a tavola, copre il suo fabbisogno mangiando carne.
Assumere alimenti arricchiti di proteine, all’esito di una manipolazione industriale, è una pratica che non trova giustificazione nel consumatore medio che, quand’anche dedito ad attività fisica, ha tutto il tempo di cucinarsi un po’ di carne e, se ha fretta, può anche mangiarla cruda (e qui, quella del Fassone di Razza Piemontese da il meglio di sé).
Coalvi – Consorzio di tutela della Razza Piemontese
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