Il panino, che in piemontese si chiama “sanguìss” per assonanza col sandwich d’oltremanica, nelle nostre campagne aveva un’unica farcitura: il salame.
Tutti avevano almeno un maiale, animale tanto bistrattato dalla letteratura mondiale, quanto prezioso nel trasformare in carne ogni sorta di rifiuto. Dove si allevavano i bovini c’era poi sempre qualche vitello destinato al consumo familiare ed era consuetudine macellarne uno insieme al maiale e metterne insieme le carni per fare un salame misto. Nel dizionario degli acronimi usati dal pizzicagnolo il salame misto veniva chiamato “BS” oppure “SB”, a seconda che fosse prevalentemente di bovino piuttosto che di suino. A tavola facevano entrambi la stessa fine: a fette, fra due tranci di pane oppure a libero servizio per la colazione rituale, dopo aver finito i lavori in stalla. Nelle aziende in cui si mungevano le vacche, insieme all’immancabile salame c’era anche un po’ di formaggio e la farcitura del “sanguìss” poteva arricchirsi con questo secondo ingrediente toccando il massimo della lussuria.
La produzione di un salame misto non era tuttavia una scelta passiva data dalla presenza contemporanea delle due materie prime. La delicatezza di questo prodotto, che forse non era l’obiettivo primario di chi lo realizzava, era particolarmente apprezzata nelle merende sinoire organizzate nella parte patronale della cascina, dove si banchettava con gli amici a fine pomeriggio mandandoli a casa presto e con la pancia già piena.
Questa tradizione gastronomica è arrivata fino ai giorni nostri e Coalvi ha voluto interpretarla utilizzando l’ingrediente migliore che avesse a disposizione: la carne del Fassone di Razza Piemontese. Ne è nato un salame molto particolare: l’utilizzo esclusivo di tagli del posteriore, ancorchè miscelati con pancetta di suino italiano, fanno emergere prepotentemente la tenerezza che contraddistingue la carne del Fassone di Razza Piemontese. È questa infatti la sensazione che si avverte al primo morso, prima di cedere il passo a un aroma e a un sapore che il sapiente dosaggio delle spezie riesce a esaltare con la massima discrezione.
Il salame di Fassone Coalvi soddisfa il consumatore moderno non soltanto per la sua leggerezza, ma anche per la sua praticità. Viene proposto in tranci di un paio d’etti, già privato del budello e confezionato sottovuoto. Si apre, si affetta e si mangia e, con cinque o sei commensali, lo si finisce senza creare quell’avanzo destinato a rinsecchirsi nel frigorifero.
Un bell’esempio di quanto sia facile riscoprire la tradizione, visto che ci è riuscito anche un salame.