Sostenibilità: il vero significato

Pubblicato il %s

Fino a poco tempo fa bollare un prodotto come “ecologico” era sufficiente per farlo emergere dalla massa e aumentarne il consenso. Evidentemente suonava bene, giocando anche sull’equivoco fonetico con quello “biologico” di tutt’altro spessore, anche legale, essendo quest’ultimo ottenuto all’esito di un processo certificato da un ente riconosciuto (e controllato) dal Ministero.

Tenendo da parte il prodotto biologico, che appartiene al mondo del documentabile, quello ecologico rientra nel mondo del possibile o, al limite, del probabile. Ma su questo è inutile dissertare perché il fascino del prodotto ecologico sta ormai soffrendo l’ombra di quello sostenibile.

Supponendo che la definizione “sostenibile” sia dimostrabile (cosa abbastanza rara), chi recepisce il messaggio non sempre lo interpreta nel modo corretto e assume il termine come una modernizzazione linguistica del vecchio ecologico. Non è così. Sostenibile è quella produzione che si ottiene soddisfacendo le esigenze della generazione presente senza compromettere la possibilità che quelle stesse esigenze possano essere soddisfatte anche per le generazioni future. In altre parole, se una produzione consuma tutte le risorse disponibili, chi verrà dopo non avrà più modo di realizzarla.  Un esempio che può chiarire il concetto di sostenibile potrebbe essere quello dell’energia creata con il fotovoltaico, confidando sul fatto che il sole non deciderà mai di chiudere la sua carriera. Guardando da una prospettiva opposta, un esempio lampante di una cosa non sostenibile l’abbiamo avuto sotto i nostri occhi con il sistema pensionistico italiano, che, nell’accontentare una generazione, ha consumato le risorse per offrire pari opportunità a quelle successive.

È dunque un errore assumere sostenibile come sinonimo di ecologico. Considerando che una produzione sostenibile è tale se, tra i vari requisiti, non danneggia l’ambiente, in parte questo collegamento ci potrebbe stare però non è scontato. La sostenibilità è una ricetta che include più ingredienti, quali la compatibilità con le esigenze sociali e con quelle economiche, il rispetto dei diritti dei lavoratori, la promozione dell’innovazione, la tutela della biodiversità e, non meno importante, il rispetto dell’ambiente. Una produzione sostenibile è dunque probabilmente anche ecologica, ma non soltanto, e non necessariamente.

Parlando di sostenibilità documentata con i numeri, Coalvi ha elaborato il primo (e al momento l’unico) bilancio di sostenibilità dell’allevamento del Fassone di Razza Piemontese dal quale emerge una verità che ridimensiona quell’imperante corrente di pensiero che colloca la zootecnia come principale fonte di anidride carbonica e conseguente causa dell’alterazione del clima.

Ciò che si dice circa la produzione di CO2 e di metano da parte dei ruminanti è vero, ma è altrettanto vero ciò che non si dice, e cioè che i ruminanti vivono mangiando prodotti vegetali che assorbono la CO2 dall’aria e la usano per costruire i propri tessuti. Nel caso delle aziende in cui si alleva la Piemontese, grazie alla grande estensione di prati e di pascoli, la CO2 equivalente emessa dai bovini è nettamente inferiore a quella assorbita dalla coltura dai foraggi di cui essi si nutrono. Questa è una verità supportata dalla scienza, non dalle opinioni, ed emerge dai calcoli effettuati dal Dipartimento di Scienza Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino che ha collaborato alla stesura del bilancio di sostenibilità di questa produzione. Chi la pensa diversamente potrà far valere la propria posizione quando sarà in grado di esibire dei dati raccolti ed elaborati con altrettanto rigore, nell’attesa sostiene solo un parere che, per quanto diffuso, rimane un parere personale.

 

 

Coalvi – Consorzio di tutela della Razza Piemontese
© Tutti i diritti sono riservati all’autore