Il Coalvi protagonista del programma “Presadiretta” su Rai 3

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Pur soffrendo la concorrenza di mezzi di comunicazione più moderni, la televisione ha ancora la sua efficacia.

 

Ci si siede, si sceglie il programma in base ai contenuti e ci si concentra su ciò che viene trasmesso. Tutt’altra cosa rispetto al dribblare le scariche di informazioni che scorrono sullo smartphone. Davanti alla TV il cervello recepisce una quantità definita di informazioni nel momento in cui ha scelto di riceverle, che è ben diverso dal destreggiarsi fra le troppe che lo bombardano via web. Un po’ come la coltura sotto serra rispetto a quella in pieno campo che si affida ai temporali estivi, ora scarsi ora devastanti.

 

La conferma del fascino della “vecchia signora” è arrivata lunedì 8 febbraio 2021, quando agli uffici di Coalvi sono piovute richieste da tutta Italia per sapere dove è possibile acquistare la carne del Fassone di Razza Piemontese. La sera prima, evidentemente, tanta gente aveva seguito con attenzione la trasmissione “Presadiretta” in onda su Rai 3 nel corso della quale è stato approfondito un tema di carattere ambientale, da un lato, ma anche etico nel rapporto tra produttori e consumatori.

 

Ambientale, perché si è parlato di deforestazione in Sud America per dare spazio a una zootecnia che rifornisce di carne i produttori di bresaola IGP della Valtellina. Etico, perché non tutti hanno presente che l’IGP disciplina la tecnica di lavorazione che, in effetti, deve avvenire in Valtellina, ma non si interessa dell’origine della materia prima. Su questo non si può obiettare, perché la norma è rispettata, tuttavia non è di aiuto nel rafforzare l’immagine del prodotto. Va anche detto, però, che i consumi complessivi di bresaola che registriamo nel nostro Paese non potrebbero essere soddisfatti con la materia prima di bandiera e quindi bisogna accettare la realtà.

 

A far da contraltare alla deforestazione e al prodotto che nasce con jet lag da 10.000 chilometri è stata portata sulla scena la filiera Coalvi: 1400 allevamenti in aziende agricole a conduzione familiare, con bovini di Razza Piemontese foraggiati con fieno e cereali prodotti sul posto dai quali si ottiene una carne dalle caratteristiche eccezionali. A tracciarne il percorso, un Consorzio che dal 1984 si occupa di certificarne l’origine in esclusiva.

 

Ne è uscito un servizio che ha occupato il 20% della trasmissione ma che ha travolto il rimanente 80%: una di quelle interpretazioni che, come dicono gli addetti ai lavori, ha “bucato” il teleschermo. La professionalità del conduttore ha accompagnato il telespettatore in un vero e proprio viaggio dall’allevamento alla macelleria, offrendo un quadro opposto a quello che la prima parte della puntata aveva incorniciato. Una storia, dietro alla carne del Fassone di Razza Piemontese, che coinvolge per la tradizione che interpreta e convince per la sostenibilità del suo processo produttivo e per il rigore con cui questo viene tracciato e certificato, dalla stalla al punto vendita.

 

La stoccata finale, in senso buono, è arrivata tornando a parlare di bresaola, ma di quella fatta con questa carne che, dal Piemonte, dove la sanno produrre, viene mandata in Valtellina, dove la sanno lavorare, e ritorna indietro sotto forma di Bresaola Granfassona. Con una pezzatura che umilia quella IGP fatta con le punte d’anca del Sud America, in due fette riempie il piatto di colore, di sapore e di tenerezza facendola uscire dalla mischia solo a guardarla.

 

Del resto, da una materia prima speciale non può che derivare un prodotto speciale.

 

Hanno parlato della puntata che ha visto Coalvi protagonista: