Meno carne finta e più carne vera?

Pubblicato il %s

Alimentando, il periodico del settore alimentare diretto da Angelo Frigerio, riporta la notizia che Beyond Meat, il colosso californiano specializzato nella produzione di surrogati della carne a base vegetale, avrebbe chiuso l’ultimo trimestre con un calo delle vendite del 16% e una conseguente contrazione del fatturato del 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il fondatore e attuale amministratore dell’azienda non nasconde la sua preoccupazione per il minor interesse che i consumatori stanno dimostrando verso i suoi prodotti e accoglie con rassegnazione il deprezzamento del titolo che negli anni passati primeggiava nei listini di Wall Street.

L’insuccesso altrui non è mai da leggere in chiave positiva e dovrebbe semmai suscitare sentimenti di cordoglio; nel caso specifico, però, se a una perdita di interesse verso i surrogati della carne dovesse contrapporsi un avvicinamento verso la carne, quella vera, assisteremmo a un cambio di direzione interessante.

A pensarci bene, viene da chiedersi il motivo per cui un consumatore che rifiuti di mangiare carne debba cercare un prodotto che ne imiti l’aspetto, il sapore e la consistenza. Se la carne non piace, non dovrebbe piacere neanche ciò che le assomiglia. Se invece la carne piace, sostituirla con un surrogato pensando di far del bene a se stessi e al Pianeta è una teoria che merita di essere approfondita.

Sfogliando il catalogo di Beyond Meat, incontriamo il “Beyond Burger” che viene descritto poeticamente come un prodotto comparabile alla carne bovina, della quale vanta la stessa succosità e la stessa prelibatezza.

Approfondendo la lettura si incontra la tabella nutrizionale, algida portavoce della verità sancita dai numeri: 19% di grassi (17 volte di più di quelli presenti in una sottofesa di Fassone di Razza Piemontese), 252 Kcal (due volte e mezza quelle della sopracitata sottofesa). Ce n’è abbastanza per dubitare che, pur imitando la carne nell’aspetto e nel sapore, il surrogato sia lontano dal riprodurne la sostanza e soprattutto la valenza nutrizionale.

Sostenere che produrre il surrogato inquini meno il Pianeta rispetto al produrre carne diventa difficile senza mettere a confronto dei numeri. Coalvi ha pubblicato il bilancio di sostenibilità delle 1300 aziende che ne fanno parte dal quale emerge una realtà che attribuisce all’allevamento della Razza Piemontese, per il modo in cui viene condotto, un ruolo positivo sull’ambiente e sul paesaggio. Anche senza dover sfoderare i numeri, è facile convincersi che una fabbrica di carne finta non avrà bisogno di coltivare i prati quanto un allevamento bovino né potrà conservare i pascoli alpini con la stessa efficienza di una mandria di placidi ruminanti.

 

Coalvi – Consorzio di tutela della Razza Piemontese
© Tutti i diritti sono riservati all’autore