Carne ibrida: tradizione, innovazione o compromesso alimentare?

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Sfogliando le pagine del periodico “Alimentando.info”  (o, meglio, scrollandone le videate, visto che è una testata diffusa in rete), incappiamo in una notizia interessante.

Il gruppo “Colruyt”, a capo di una catena di supermercati in Belgio, ha inventato la carne ibrida e la sta mettendo in commercio nei propri punti vendita. Il concetto di “ibrido” farebbe pensare a una storia travagliata di prove e controprove seguite con rigore scientifico e supportate da quel pizzico di fortuna che non manca mai nel taschino dei camici bianchi. Ma in questo caso il prodotto di cui Colruyt Group è tanto orgoglioso non è altro che una miscela di carne macinata e farina di fave: una banale alchimia gastronomica che ha concesso alla scienza un piccolo spazio nel dosare i due composti per avvicinare il risultato finale al valore nutrizionale della carne pura (avvicinandosi senza raggiungerlo, perché nei vegetali mancano alcune componenti tipiche della carne e, quando ci sono, non sono altrettanto assimilabili). La missione che sta portando avanti Cloruyt Group mira a proporre soluzioni che non neghino al consumatore l’appagamento offerto dalla carne ma, nel contempo, ne diluiscano l’assunzione affiancandola a una quota di vegetali. Più o meno hanno riscoperto il secondo a base di carne con contorno di verdura, così come da sempre arriva sulle nostre tavole, con una differenza: la farina di fave ha lo stesso livello di standardizzazione di una commodity mentre le verdure di contorno possono seguire le disponibilità stagionali e, soprattutto, valorizzare le tipicità locali contribuendo alla salvaguardia dei territori in cui vengono prodotte, ponendosi a baluardo di quella sostenibilità di cui tanto si parla, ma dalla quale talora ci si allontana sotto mentite spoglie salutistiche.

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